il carcinoma mammario è il tumore più frequente nella donna. In Italia la malattia colpisce poco più di cinquantamila donne all'anno. Nonostante questi numeri, però, il tumore è anche uno di quelli che presenta i più alti tassi di guarigione. Le probabilità di guarigione sono tanto più alte quanto più la diagnosi è precoce;
tra le donne, come già precisato il più frequente tumore è quello della mammella, rappresentando il 29 per cento di tutte le neoplasie, seguito da quello del colon-retto (13 per cento), polmone (8 per cento), tiroide (6 per cento) e corpo dell'utero (5 per cento), (Fonte dati Airtum);
nello specifico, il carcinoma mammario si distingue in forme non invasive, che non si estendono oltre la membrana basale dei dotti mammari, e in forme invasive, capaci di estendersi oltre i dotti e raggiungere le stazioni linfonodali o altre parti del corpo, diversi tipi di carcinoma della mammella (istologicamente la forma più frequente è il carcinoma duttale infiltrante; altre forme sono il carcinoma lobulare, il tubulare, il mucinoso e altri più rari) che differiscono per comportamento biologico e risposta alle terapie;
per tumore al seno metastatico si intende un tumore che, dalla sua sede primaria, si è diffuso in altre regioni del corpo attraverso la circolazione linfatica e sanguigna. Oltre a moltiplicarsi con maggiore rapidità delle cellule sane, quelle tumorali, cioè le metastasi, possono alterare le funzioni degli organi vitali, fino a comprometterle del tutto. Il tumore al seno metastatico è una malattia curabile, sebbene non ancora guaribile poiché le metastasi tendono a ricomparire. Le cure cercano di impedire la proliferazione ulteriore delle cellule tumorali in altri organi ed eliminare gli eventuali sintomi della malattia. Oggi è possibile convivere con il tumore al seno metastatico e avere una buona qualità della vita anche per molti anni, soprattutto se esso è diagnosticato precocemente;
grazie allo screening si migliora la diagnosi e si riduce la mortalità;
negli ultimi anni proprio il rilievo precoce della malattia ha consentito di ricorrere alla chirurgia conservativa (quadrantectomia). Più del 57 per cento delle donne invitate alla campagna preventiva accetta questa opportunità di salute (anche se in modo difforme tra le varie aree del Paese);
la prevenzione è sicuramente una fra le più importanti azioni da promuovere per combattere l'insorgenza della malattia affiancata al sostengo per la ricerca;
considerato che:
ottobre è il mese dedicato alla prevenzione di tale patologia;
la rilevante importanza della diffusione di una giornata esige che venga assicurata in ogni regione il coinvolgimento di tutta la popolazione interessata ai programmi di screening mammografico,
si chiede di sapere se il Ministro in indirizzo intenda per far sì che la data del 13 di ottobre venga istituita come la giornata nazionale di sensibilizzazione sul tumore al seno metastatico.
inizialmente dimenticate, quindi travolte dal virus e dalle polemiche, ad oltre due mesi dalla fine del lockdown, le residenze sanitarie assistenziali (RSA) restano "il brutto anatroccolo" della sanità;
sin dagli esordi dell'epidemia la totale chiusura delle strutture le ha trasformate in luoghi sottoposti alla vigilanza del Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale, a cui risulta, dalle segnalazioni giunte, che ancora oggi molte persone anziane o con disabilità non hanno la possibilità di incontrare le persone care o di riferimento; in altre tale possibilità è estremamente ridotta e talmente rigida da rendere difficile la significatività dei contatti;
il Garante nazionale pertanto, nella lettera inviata ai presidenti delle Regioni, ha evidenziato il forte rischio che anche nella fase 2 si continui a mantenere nelle residenze un'ordinarietà caratterizzata dall'isolamento dal mondo esterno e dalla rarefazione degli incontri con i propri cari determinando, in tal modo, una forma di discriminazione in ordine all'età o al grado di disabilità;
l'art. 1, comma 1, lettera bb), del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 giugno 2020, ha stabilito, a proposito delle cosiddette visite di conforto ferme dai primi di marzo, che "l'accesso di parenti e visitatori a strutture di ospitalità e lungo degenza, residenze sanitarie assistite (RSA), hospice, strutture riabilitative e strutture residenziali per anziani, autosufficienti e non, è limitato ai soli casi indicati dalla direzione sanitaria della struttura, che è tenuta ad adottare le misure necessarie a prevenire possibili trasmissioni di infezione";
in assenza di un approccio sistematico e sistemico la ripartenza è affidata a direttive che si differenziano a seconda delle regioni e, a volte, anche delle singole residenze. Le regole per la ripresa dei contatti pesano su visitatori e personale non meno che sugli ospiti. "Prendendo in considerazione tre tra le regioni maggiormente colpite dal virus: in Piemonte, si raccomanda la sanificazione delle strutture, percorsi separati, accessi singoli, tamponi e test sierologici periodici, riorganizzazione degli spazi in tre categorie (positivi, negativi e negativizzati), visite solo su appuntamento in sale dedicate, nuovi ingressi solo per soggetti con evidenza di tampone negativo nelle 72 ore precedenti; il Veneto ha lasciato autonomia alle singole strutture su quando riaprire, pur attenendosi a linee guida molto rigide, rese necessarie dai 600 decessi su 1.900 complessivi: i nuovi ingressi saranno sottoposti a tampone prima e dopo un isolamento di 14 giorni, mentre i visitatori avranno la temperatura corporea controllata all'ingresso, che avverrà in base a scaglionamenti, e potranno incontrare i loro cari in spazi dedicati e con distanziamento sociale mediante plexiglass; infine la Lombardia, che per bocca dell'assessore Gallera ha affermato che 'riprendiamo la riapertura delle RSA con delle regole molto rigide: nessun positivo verrà collocato all'interno di una RSA e verrà invece messo in una struttura sanitaria'; inoltre, a 'qualunque anziano vorrà entrare in una RSA gli verrà fatto a domicilio sia il test sierologico che il tampone'", come riporta "ilpuntopensionielavoro" il 18 giugno 2020;
oltre le differenti disposizioni regionali ci sono i sopravvissuti: decine di migliaia di ultrasettantacinquenni, spesso affetti da demenze e altre gravi patologie croniche con deficit cognitivi, che in questi mesi hanno visto di tutto tranne i propri cari e non riescono proprio a capire come mai il figlio, la figlia o i nipoti non si presentino più. Il quotidiano "La Stampa" del 20 lugli 2020, nella rubrica "Specchio dei tempi", riporta la descrizione di una lettrice dell'odissea affrontata dal padre ospite di una RSA: "Mentre il mondo va avanti, a lui non è consentito uscire dalla struttura neanche per un caffè. Non può uscire, vedere i famigliari, neanche all'aperto... ma perché? Che regole sono? Gli operatori entrano ed escono... lui no. Vi prego, qualcuno aiuti quelli che, come mio papà, si trovano in questa situazione, perché la malinconia, la solitudine, l'isolamento, oggi non si possono più accettare! Devo salvare mio papà dalla RSA, altro che coronavirus...";
dopo i danni dovuti alla mancata protezione, all'inosservanza delle regole di sicurezza, all'esclusione dalle cure ospedaliere, ora gli anziani delle RSA subiscono il danno di una prolungata esclusione dalla vita e dal possibile ritorno alla normalità;
i parenti degli ospiti delle RSA, preoccupati per la salute complessiva dei loro genitori o nonni, hanno scritto al Garante nazionale specificando che gli 88.571 attuali ospiti delle case di cura sono persone fragili e in gran parte non autosufficienti, da oltre tre mesi isolate dai loro familiari da misure di restrizione e costrizione che stanno mettendo seriamente a rischio l'esigibilità dei diritti fondamentali, quali il diritto alle relazioni, alla socialità e all'affettività, in senso contrario a quanto previsto dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, che sancisce la rimozione degli ostacoli alla piena partecipazione alla vita affettiva e sociale. In molti casi non è soddisfacente vedere a distanza poiché, soprattutto per persone con disabilità, l'assenza di relazioni anche gestuali dirette determina una regressione cognitiva con forte rischio di istituzionalizzazione;
a parere degli interroganti non sarà sufficiente "un ritorno alla normalità" ma bisognerà ragionare su un'operazione molto più complicata consistente da un lato nel rafforzamento dell'autorità centrale su alcuni importanti diritti che non possono essere differenziati tra regioni e dall'altro in un radicale ripensamento di queste strutture al di là dell'emergenza COVID-19;
infine, all'isolamento dei sopravvissuti si associa la tensione economica e i problemi occupazionali degli operatori, sempre più difficili da sostenere tra mancati ricoveri e budget annuali utilizzati per l'acquisto di dispositivi di protezione individuali e sanificazioni,
si chiede di sapere:
quante siano le RSA in cui gli ingressi sono ancora bloccati;
quali iniziative il Ministro in indirizzo intenda promuovere per combinare il ritorno all'attività pre COVID-19 con la necessità di sviluppare soluzioni alternative e complementari al fine di ridurre le pesanti ricadute sul piano economico e finanziario;
quali misure intenda intraprendere al fine di proteggere i soggetti deboli e fragili e garantire, al contempo, la loro salute psichica e le loro esigenze di socializzazione;
con quali modalità ed entro quale termine intenda provvedere per definire linee di indirizzo chiare e univoche per tutti.